Le paste fatte in casa

LA PASTA ALL’UOVO
a cura di Luisa Calderoni

Per “pasta casalinga”, la pasta fresca, si intende la pasta all’uovo, quella che contiene un uovo per ogni etto di farina, e che quindi è estremamente nutriente. Allora perché non prepararla una volta ogni tanto andando così alla riscoperta di profumi e sapori quasi dimenticati? La sfoglia per preparare la, pasta, è parte della nostra storia, delle abitudini alimentari delle nostre famiglie contadine e in particolare era uno dei lavori che le nostre nonne, oggi vostre bisnonne facevano con tanto amore e che poi hanno tramandato alle giovani generazioni dei figli e nipoti.

Uomini e donne si alzavano presto al mattino, “al cantare del gallo”, poi la loro giornata era quasi interamente dedicata al lavoro dei campi, allora molto faticoso perché non c’erano le macchine che ci sono adesso.
Una sosta per il pranzo, poi si ritornava a lavorare. Il mangiare prevalente a mezzogiorno era una minestra fatta in casa, in brodo o asciutta, ben condita che dava energia e che costava poco perché farina e uova erano prodotte dalla casa. Il sugo per condire la pasta era spesso rosso; in estate si usavano i pomodori freschi dell’orto, in inverno si usavano le squisite conserve prepara- te dalle donne durante la stagione calda utilizzando pomodori scelti e ben ma- turi.
La prima cosa che faceva l’azdora (termine dialettale che non si traduce in
italiano) al mattino era proprio la sfoglia per la minestra del giorno. Farina e uova non mancavano nella casa contadina, ma quando le uova erano scarse o si era poveri per cui si  doveva lesinare, si usava  un uovo normale e “un uovo d’acqua”.
L’azdora andava nel pollaio a cercare le uova fresche, se c’erano, altrimenti prendeva quelle del giorno prima dall’apposito cesto, che comunque, conservate nella  cantina restavano fresche. Uova e farina: gli ingredienti base per preparare una bella sfoglia che si lasciava asciugare e poi veniva tagliata secondo la qualità di minestra scelta  giorno per giorno.

TULIR – VAL – GARNADEL – PALETA – LUNERI DI SMEMBAR

Nella cucina della casa contadina solitamente sobria, coi mobili indispensabili, c’era uno spazio riservato a è tulir, tagliere asse di legno adatto per la preparazione della pasta.

Quello antico era quasi sempre fatto coi piedi e attaccato al muro, si apriva quando si usava poi si richiudeva.

Poi c’erano: nella madia il sacco della farina, in cantina le uova, la pala di legno per prendere la farina dal sacco, il setaccio è sdaz, per passare la farina, e garnadel per pulire il tagliere, il grembiale, il copritagliere, per coprire la sfoglia mentre si asciugava per evitare che si posassero sopra le mosche e la polvere, il matterello.

Il matterello e scadur è ancora oggi lo  strumento più usato per tirare la pasta casalinga: altri attrezzi indispensabili sono: e tulir, una rotellina tagliapasta dentellata o rotelline lisce oppure i moderni taglia pasta con una barra-misurino, una spatola per staccare l’impasto, la taglierina per tagliare le tagliatelle, il coltello.

UNA ZEMNA AD FARENA, E SAC, L’UOV, E SDAZ

L’azdora si metteva all’opera per fare la pasta. Prendeva una “zemna d’ farena” dal sacco bianco, che corrisponde a 1 hg di farina. Per una “zemna” si intende un modo di misurare fatto cosi: unire le mani aperte, tenendo ben appoggiati i mignoli, mettere nel sacco della farina: tutto quello che le mani riescono a contenere  corrisponde  ad  “una  zemna”, cioè un etto. L’azdora prendeva il setaccio e passava la farina, la metteva sul tagliere, faceva “la fontana” e rompeva le uova.

In genere la pasta è gialla, ma si può fare anche colorata: verde o rossa. Per farla rossa si aggiungono pomodori ben maturi e privati della buccia e dei semi, oppure della conserva di pomodoro; per farla verde erbe o verdure precedentemente lessate  e  lasciate  raffreddare. Le  verdure ed erbe più comuni usate in campagna sono: bietola, spinaci, borragine, ortica, strigoli. Adesso le donne moderne usano anche: zafferano, barbabietola, basilico, funghi,  nero  di  seppia. In alcuni casi si usano ¾ di farina bianca e ¼ di farina di castagne.

Per non fare “la solita minestra” la brava azdora, utilizzando la sua fantasia e creatività, nel tempo ha inventato diversi tipi di paste, che per comodità di esposizione divido in tre parti:

  • Le paste da cuocere in brodo
  • le paste da fare asciutte
  • le paste da forno

Le paste da fare in brodo di carne sono:
– i cappelletti
– i tortellini
– i tagliolini, molto stretti i nastrini
– i quadrettini
– “gli ingana puret”
– la “spoia lorda”
– la pasta stracciata i garganelli

Le paste da fare in brodo di verdura sono: maltagliati, manfettini e quadrettini.

I CAPPELLETTI: si fanno con la sfoglia appena tirata, quindi ancora morbida, si tagliano quadretti, che possono essere di diversa dimensione in base ai gusti della famiglia: piccoli, medi, grandi; si mette il ripieno e poi si chiudono. Il ripieno nella tradizione romagnola è fatto con: parmigiano reggiano e uova, oppure con parmigiano reggiano, grana padano e uova, oppure con parmigiano reggiano, formaggio morbido e uovo. L’uovo è un ingrediente fondamentale perché serve a legare l’impasto.
Mentre in molte altre zone della nostra Regione i tortellini si fanno anche con la carne, in genere: petto di pollo o di tacchino, lonza di maiale e mortadella.
Si chiudono in diversi modi, l’importante è lasciare il buco in mezzo perché mentre bollono passa il brodo in mezzo e quindi si cuociono meglio.

I TAGLIOLINI: si fanno con la sfoglia asciutta, come quella delle tagliatelle, si arrotola la sfoglia e si tagliano tagliolini il più sottili possibile, si buttano nel brodo bollente e si servono subito perché cuociono in un attimo.

I NASTRINI o STRICHET: si fanno con la sfoglia morbida, si tagliano quadretti, si stringono nel centro, poi si lasciano sul tagliere ad asciugare.

I QUADRETTINI: si fanno con la sfoglia asciugata, si arrotola la sfoglia si tagliano tagliatelle senza aprirle e da queste si tagliano i quadrettini, che sono molto buoni nel brodo di carne, ma anche nel brodo matto, nel brodo di fagioli, nel brodo matto coi piselli

GLI “INGANA PURET”: si tagliano  quadretti di foglia fresca, morbida, si lasciano vuoti e si chiudono unendo due punte per due punte.  Assomigliano alla forma di cappelletto, sono un finto cappelletto perché senza ripieno per questo si chiamano così; infatti  i poveri pensavano di mangiare cappelletti e quando se li  mettevano in bocca ed iniziavano a masticare si accorgevano che erano vuoti e quindi c’era un inganno.

LA SPOIA LORDA: Anche questa è una minestra povera; si fa un impasto con poco parmigiano reggiano o grano padano, formaggio morbido e uovo. Un tempo in molte case si usava addirittura il formaggio fatto in casa lasciato nell’apposito asse perchè diventasse secco, si grattugiava, si aggiungeva un po’ di formaggio morbido, un uovo e si faceva l’impasto. Si prepara la sfoglia ben tonda, si fa un segno per trovare il mezzo e su una metà si stende a filo, l’impasto, si copre,  si chiude bene ai bordi facendo pressione con le mani umide, poi con la rotellina dentellata si tagliano quadretti non troppo grandi pronti da cuocere nel brodo.

LA PASTA STRACCIATA: si fa una sfoglia normale, poi mentre è ancora fresca si rompe a straccetti, come si fa a volte giocando con la carta.

I GARGANELLI: si fanno con un apposito “pettine” parte del telaio, si tagliano quadretti di sfoglia fresca e si passano con un bacchettino sul pettine ed esce una pasta tipo penne, ma rigata di traverso. Si toglie il bacchettino e si fa un altro garganello. Questo è un  lavoro lungo perché si fanno uno per uno.

I MALTAGLIATI: “i sbrofa nas”. Si fa una sfoglia normale, si lascia asciugare, si arrotola poi si taglia un triangolo a sinistra, uno a destra uno al centro

I MANFETTINI: si fa l’impasto, ma non la sfoglia: si forma tipo un ciambellotto, si taglia a fette che  si lasciano asciugare ed indurire poi si pestano per ricavarne  manfettini piccoli. Si consiglia di fare la pasta e le fette  la sera prima così sono più asciutte quando il mattino seguente si pestano.

Per le minestre asciutte

  • Tagliolini
  • Le tagliatelle medie
  • Le tagliatelle larghe
  • Le pappardelle

Per le tagliatelle si fa la sfoglia normale, si fa asciugare, si arrotola, poi si tagliano le tagliatelle. Quelle più sottili, i tagliolini sono adatti per il condimento a base di pesce, quelle medie in genere per il condimento a base di verdure, quelle larghe per il ragù e le pappardelle per la lepre e in genere per la selvaggina.

  • I tortelli quadrati
  • I tortelli tondi
  • I tortelli triangolari

I tortelli si fanno ripieni con impasti diversi da casa a casa secondo i gusti, in genere parmigiano reggiano, grana padano, ricotta, alcuni anche con l’aggiunta di erbe o verdure: bietole, spinaci, ortiche

Le dimensioni variano da casa a casa secondo i gusti cm. 4- 5- 6. , le nostre nonne non avevano bisogno di un misurino perché facevano tutto “ad occhio”. Si fanno sempre con la sfoglia appena tirata, ancora tenera, altrimenti non si chiudono bene e quando si cuociono tutto il ripieno va nell’acqua.
Si possono fare: quadrati mettendo gnocchetti di impasto su metà della sfoglia, una volta piena, si copre  con l’altra metà, si passa con le mani formando dei canaletti e pressando la sfoglia libera, poi con la rotellina si tagliano dei quadrati. Quelli tondi si fanno utilizzando un bicchiere capovolto col quali si taglia la sfoglia, sempre fresca. Quelli triangolari si fanno tagliando la sfoglia a quadretti, si mette l’impasto poi si chiudono a forma di triangolo.
Una volta preparati si lessano nell’acqua salata poi si condiscono o col burro, burro e salvia, o con l’olio o col sugo di pomodoro o col ragù di
carne o di salsiccia, con erbe aromatiche.

Le paste da forno

  • Le lasagne
  • I cannelloni

Le lasagne possono essere gialle o verdi. Quelle tradizionali sono condite con ragù di carne e besciamella, ma si possono preparare anche con altri ingredienti tipo funghi formaggio ecc. Si tagliano a rettangoli prendendo la dimensione della teglia da forno, si lessano, si passano nell’acqua fresca, si scolano, asciugano, poi si compongono e si cuociono.

Per i cannelloni il procedimento è analogo. Si tagliano dei rettangolo delle dimensioni che ogni cuoca vuole, con la pasta fresca, si lessano nell’acqua bollente salata per alcuni minuti, si passano nell’acqua fresca poi nello scolapasta, quindi in un panno ad asciugare, poi sono pronti per essere riempiti e cotti nel forno.

Le paste senza uova

In certi periodi dell’anno, in particolare quando le galline facevano meno uova, quelle poche che si raccoglievano si conservavano per fare altre pietanze, si usava fare la pasta senza uova.
Nella nostra campagna i tipi più conosciuti sono:

  • gli strozzapreti “strozaprèt”
  • i scifuloti “s-cifuloti”
  • i giugetti “i giuget”

Gli strozzapreti “i strozapret” unici ingredienti: farina, uova e sale. Mettere la farina sul tagliere, aggiungere acqua e sale tirare una sfoglia un po’ soda sostenuta poi tagliare tagliatelle che devono essere girate in fretta nelle palme delle mani, se necessario aiutarsi con farina perchè la pasta non si attacchi alle mani. La lunghezza viene decisa da ogni persona che li prepara, e mentre si girano si rompono con le mani.

I scifÜloti-s-cifuloti gli ingredienti sono: farina bianca, acqua calda e un pizzico di sale. Impastare: farina, acqua e sale, lavorare l’impasto e poi dividerlo in piccole porzioni. Da ognuna di esse ricavare dei cordoncini grossi come una matita, che vanno poi tagliati nella lunghezza dei moderni sedanini (3cm ) con un movimento della mano, cosi si ottengono i
scifuloti a forma di maccheroncini ripieni.

I giugetti “i giuget” questa è una pasta molto povera, che si faceva nelle famiglie quando alla fine di lunghi inverni le provviste cominciavano a scarseggiare.
Gli ingredienti sono: farina bianca (1/3), farina gialla (2/3), acqua bollente, sale.
Mescolare sul tagliere le farine, aggiungere acqua calda quanta ne serve per impastare, poi un pizzico di sale. Lavorare bene l’impasto poi stenderlo col matterello infarinando ogni tanto con farine miste, fino ad ottenere una sfoglia grossolana. Coprire per lasciare asciugare fino a quando è possibile tagliarla in quadretti. “i giuget”

Si racconta di una ragazza bella andata sposa ad un ragazzo del suo paese ancora in giovane età. La sua mamma le aveva insegnato a fare la pasta casalinga, ma non aveva una grande esperienza, sia perché la mamma preferiva farla lei sia perché la giovane non aveva tanto tempo perché andava anche
da una sarta del paese ad imparare a cucire.
Come avveniva in quel periodo le spose dopo il matrimonio andavano a vivere in casa coi genitori del marito. Una mattina la suocera la invita a fare lei la
pasta casalinga. La ragazza si prepara: va in cantina a prendere le uova, tira giù il “tulir” va nella madia a prendere la farina, indossa il grembiale si lava
le mani, e si mette all’opera. La suocera si siede vicino al tagliere, osserva e crea alla giovane sposina un certo imbarazzo e una visibile soggezione. Ad
un certo punto la sposina si accorge che l’impasto è morbido e allora prende della farina, ma aimè ! ne ha preso troppa e non riesce a lavorarla con le mani. Prende un uovo, lo rompe e lo mette nell’impasto che diventa un po’ morbido. Si ferma preoccupata e pensa fra  sé e sé: ma se continuo così uova
farina, farina uova faccio la pasta per un esercito! Allora si ferma un attimo, si concentra, pensa a cosa può fare. Prende un pizzico di farina alla volta e fa il suo impasto, che adesso va bene, anche se tende ad essere un po’ sodo, ma riesce a tirare bene e tutta uguale la sfoglia. Lavora la pasta con
le mani, la tira col matterello, la copre, poi la lascia asciugare.
Quando è pronta taglia le tagliatelle. Alle 11,30 mette a bollire l’acqua, scalda il ragù che aveva fatto lei al mattino appena alzata, lavoro, che faceva
spesso anche da ragazza e che le riusciva molto bene. Tira fuori i suoi segreti di cucina; condisce la pasta nella padella così prende tutta il sugo,  poi
la versa nel piatto di portata e distribuisce bene la carne del ragù al centro.
Quando la pasta è pronta la porta in tavola. La suocera con fare un po’ ironico e beffardo, ma senza raccontare niente di quello che era avvenuto durante la preparazione della pasta, pensando che tutti se ne sarebbero accorti dice: “oggi si mangia la minestra fatta dalla sposa giovane”. La sposina
presentò bene il suo piatto; le tagliatelle fatte con la sfoglia un po’ dura erano rimaste intatte, sulla pasta erano ben visibili dei bei pezzetti di carne;
quelle tagliatelle  si mangiavano già solo con gli occhi.! La giovane ricevette molti complimenti da tutti i familiari che dissero: falla sempre tu la pasta
perché oggi è più buona e più abbondante del solito. La ragazza come si sul dire “ tirò un sospiro di sollievo” e si sentì molto gratificata, mentre la suocera molto amareggiata e mortificata se ne stette in silenzio.